Una volta definiti i contenuti della nostra interfaccia utente, è importante condurre diversi test per verificare che la User experience sia efficace funzionale. Esistono diverse tecniche, che variano in base all’obiettivo e che rientrano sotto il più ampio ombrello degli Usability test. In questo articolo vogliamo però approfondire una tecnica particolare: l’Eye tracking test.
Eye tracking: definizione e origine
Generalmente tradotto come monitoraggio oculare, l’obiettivo di un Eye tracking test è quello di tracciare il movimento degli occhi dell’utente posto di fronte all’interfaccia da testare, al fine di capire quali elementi catturano, o meno, la sua attenzione.
Un’analisi non solo quantitativa dei risultati, ma anche qualitativa: non è importante comprendere semplicemente quali componenti (pulsanti, testi, immagini, icone, ecc.) catalizzano l’attenzione dell’utente, ma è fondamentale capire perché un elemento è più efficace di un altro e arrivare a individuare le aree di miglioramento.
Analizzare i comportamenti e le preferenze degli utenti può, inoltre, essere uno spunto per identificare nuovi bisogni che non erano stati considerati in fase di progettazione.
Eye tracking: cenni storici
Se oggi, l’Eye tracking è una tipologia di test tecnologicamente sofisticata, i primi tentativi risalgono all’inizio del ventesimo secolo, quando Edmund Huey costruì nel 1908 il primo Eye tracker per tracciare il movimento degli occhi durante la lettura.
Sebbene la tecnologia abbia fatto passi da giganti, l’intento del test è rimasto lo stesso: analizzare il movimento oculare. Grazie ad una tecnologia ad infrarossi, è oggi possibile tracciare la dilatazione e la contrazione delle pupille e i movimenti dell’occhio mentre l’utente sta guardando uno schermo.
I due principali movimenti analizzati sono definiti come:
- Fissazioni: ovvero i momenti in cui lo sguardo si fissa su un elemento specifico, che ha catturato completamente l’attenzione dell’utente.
- Saccadi: i movimenti che accadono tra una fissazione e l’altra e che in un certo senso corrispondono al viaggio dell’utente per arrivare ai punti di interesse. Si stima che per l’occhio umano avvengano circa 3-4 saccadi al secondo, poiché la visione è a fuoco solo nella parte centrale della retina.
Eye tracking: come si svolge
L’Eye tracking è un test che restituisce dati importanti sui movimenti consci e inconsci dell’utente durante l’esperienza di utilizzo della nostra interfaccia.
Il test ci permette infatti di individuare quali sono le aree di maggior interesse (AOIs o areas of interest), di capire se gli utenti non hanno colto degli elementi UI importanti, o se ci sono delle componenti che disturbano o distraggono. Infine, il test ci aiuta a capire come e in quanto tempo l’utente riesce a raggiungere un determinato obiettivo di utilizzo.
Una volta raccolti i dati, è possibile costruire un pattern comportamentale che ci aiuta a individuare i problemi e a migliorare l’UX della nostra interfaccia.
Ad esempio, è stato riscontrato che spesso gli utenti evitano con lo sguardo i banner percepiti come pubblicità, oppure che gli elementi con una UI estremamente flat e poco evidenti richiedono un maggiore sforzo di attenzione.
Andando ancora più in profondità, i professionisti del neuromarketing, negli ultimi anni, hanno cominciato a studiare gli sviluppi psicologici legati ai movimenti oculari, che vedrebbero una connessione tra i movimenti e le risposte emotive, rispetto a determinati stimoli visivi.
Tuttavia, pur essendo senza dubbio un test ad alta specificità, occorre valutare con attenzione quando sia effettivamente utile. Se da una parte, si tratta di un test dal costo elevato, dall’altra sono necessarie mani esperte per svolgerlo correttamente. L’Eye tracking, inoltre, è un tecnica che da sola non basta a fornire tutti gli insight necessari per una completa valutazione dell’usabilità ed è necessario associare questo tipo di analisi ad altre metodologie di tipo qualitativo.
Eye tracking: attrezzatura necessaria e il set-up
Come già anticipato, il procedimento per svolgere l’Eye tracking può arrivare a sfiorare costi elevati, quantificabili in diverse migliaia di Euro. Per questo motivo, è utile affidarsi a un professionista del settore, sia per quanto riguarda il set up tecnologico, sia per interpretare correttamente la mole importante di dati restituiti dal test.
In particolare, i dispositivi per eseguire il tracking devono essere calibrati e regolati in base alla forma del viso, alla forma e all’altezza degli occhi del singolo partecipante al test.
Prima di iniziare è dunque opportuno fissare con cura gli obiettivi del test e i dettagli logistici.
Per esempio, consideriamo di prevedere 1 – 2 giorni per l’allestimento tecnico e un altro paio di giorni per procedere con un test pilota e verificare che tutto funzioni correttamente.
A livello di dotazione tecnica, sarà necessario prevedere almeno:
- 2 monitor
- 1 eyetracker professionale
- 1 PC
Per convenzione, si consiglia di coinvolgere almeno 39 partecipanti, un numero che dovrebbe garantire dei risultati significativi.
Eye tracking: dati raccolti
A seconda della modalità di esecuzione del test, i dati raccolti possono essere organizzati in diverse forme visuali. Vediamo quelle più usate.
La più comune è senz’altro la heat map, o mappa di calore, in cui la schermata viene evidenziata con colori diversi e più intensi, laddove lo sguardo dell’utente si concentra maggiormente.
I gaze plot organizzano i risultati in modo ancora più approfondito: i dati rivelano infatti in quale ordine sono state visualizzate le varie componenti, quali hanno ottenuto un tempo di fissazione maggiore, con un’indicazione della priorità percepita in base al contesto. Il risultato è rappresentato graficamente da dei cerchi di diverse dimensioni: più grande è il cerchio e maggiore è stato il tempo di fissazione.
Invece, con la tecnica del bee swarm, i punti di fissazione di ogni utente vengono rappresentati con dei piccoli puntini in movimento sullo schermo, simulando il movimento oculare che ricorda uno sciame d’api.
Infine, con i cluster, i dati sono aggregati e rappresentati attraverso dei poligoni di diverse dimensioni e forma in base ai punti di fissazione oculare dei vari partecipanti.
Eye tracking: pro e contro
Ricapitolando quanto detto fino ad ora, l’Eye tracking può senza dubbio essere un valido e approfondito test per analizzare a fondo l’efficacia e le aree di miglioramento della nostra interfaccia utente.
L’Eye tracking ci consente infatti di individuare le componenti più performanti, quelle che disturbano l’attenzione o che sono poco visibili all’utente.
Tra gli aspetti negativi, spiccano invece l’alto investimento da un punto di vista di risorse economiche e di tempo di esecuzione, nonché la necessità di affidarsi a un esperto di questa tecnica.
Uno strumento alternativo, e sicuramente meno costoso, potrebbe essere quello di analizzare le mappe di calore (heat maps) utilizzando gli strumenti offerti da soluzioni come Hotjar (disponibile in modalità freemium) oppure Crazy Eggs (gratis per 30 giorni).
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